sabato 13 dicembre 2008

Olimpiadi: La stringa slacciata di Bolt

Il giamaicano Bolt ha vinto la finale dei 100 metri con un tempo soprannaturale (9,69 sec.), rallentando visibilmente ai 70 metri e con una scarpa che alla fine si stava slacciando. Subito dopo l’arrivo Bolt ha cominciato un balletto di gioia ondeggiando sui fianchi, una danza non più propiziatoria ma di pura esultanza. Bolt che rallenta, Bolt con la scarpa slacciata, Bolt che danza, sono tre icone che non aspettano altro che un semiologo, che potrebbe essere il nostro Umberto Eco, per essere interpretate. Vogliono dire in sostanza questo. Cari bianchi, in questa mia danza non c’è nulla di nuovo. Nel ’36 a Berlino mi chiamavo Owens, la mia vittoria sui 100 metri fece infuriare un vostro dittatore che voleva la supremazia atletica dei bianchi. Nel ’64 a Tokyo ero Bob Hayes, nel ‘68 a Città del Messico ero la pantera nera Tommie Smith, poi ho trasmigrato la mia anima in Carl Lewis, cambiando sempre fisionomia, tuttavia mai il mio
colore, che è sempre rimasto nero. Sono il migliore, e lo testimonia questa mia danza da gallo cedrone, anzi da fenice nera che rinasce continuamente. Ai 70 metri ho rallentato per dimostrarvi quanto so essere insolente se voglio. Della scarpa slacciata non ho molto da dire, i vostri eccessi di meticolosità mi lasciano indifferente. Noi in Africa sappiamo riderci sopra. Noi neri però siamo grandi atleti solo su terra e non ci piace l’acqua. Un tempo abbiamo varcato l’Atlantico dall’Africa alle Americhe, ma soltanto per vostra insistenza. Anche adesso, per passare un breve tratto di mare Mediterraneo, se i nostri barconi sovraccarichi si rovesciano, anneghiamo perché non sappiamo nuotare.

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