sabato 13 dicembre 2008

Integrazione etnica: le complicazioni

ieri mentre facevo compere mi è accaduto quanto segue. All’ingresso di un supermercato una romena giovane, gentile, mi chiede un aiutino: scambiamo due parole, le regalo una moneta, entro nell’esercizio, riempio il
cestino e vado alla cassa. La cassiera è della Repubblica Dominicana, giovane, gentile, anche con lei scambio due parole, mentre ci accingo a pagare la giovane romena entra dalla porta a vetri dell’uscita, prende un oggetto da una rastrelliera e si rivolge alla cassiera per pagarlo (con la
mia monetina). La dominicana apostrofa la romena per essere entrata dal retro, per non rispettare la fila, per importunare i clienti. Tra le due comincia un diverbio che non sto a riferire ma che significa sostanzialmente
questo. La dominicana: ‘vivo in questo paese da anni, sono bene integrata, anzi ormai sono italiana, faccio la cassiera e qui dove lavoro ho l’aria condizionata. Tu invece sei gitana, in Italia ci sei solo perché una legge ti ha da poco aperto le frontiere, non appartieni a questo posto, non rispetti le regole di questo paese e di questo supermercato.’ La romena: ‘io sono romena e cittadina europea e in questo paese ci sto finché mi pare. Sono anche gitana, io e il mio popolo abbiamo in corpo una rabbia di 1000 anni, ho più diritti di te, inoltre ho la pelle meno scura della tua. Dovrei essere al tuo posto come cassiera, se non ci sono è perché il padrone non assume gitani, pensa che siamo ladri, invece siamo brave persone e potrei accoltellare chiunque dica il contrario.’ Le due giovani continuano l’alterco, io però vorrei pagare e andarmene. Ciò che sta accadendo ha in sé il potenziale per lasciare interdetti tutta una serie di interlocutori, in scala dal basso verso l’alto e poi ancora verso il basso: l’italiano buonista che non sa nemmeno dov’è Santo Domingo, l’indifferente, il critico, il radical-scic,
l’integrazionista arrabbiato, il sessantenne che non ha mai dimenticato il sessantotto, il legittimista e giustizialista, di nuovo l’indifferente, il leghista che si prende troppo sul serio, l’intollerante, il teppista con la svastica sui jeans. Siamo alla fine di un giugno rovente e ad una cassa di supermercato due lavoratrici straniere si accapigliano per un motivo futile ma che ha
scoperchiato un piccola, perfetta cloaca della discriminazione senza confini. Agli italiani è stato detto di fare le pulizie domestiche e di preparare la loro casa per una futura magnifica coabitazione inter-etnica, e all’improvviso scoprono che i coinquilini ospiti non fanno altrettanto, anzi si discriminano a vicenda! La mente vacilla, Spinoza e la sua ‘Ethica’ non servono, si paventa il ritorno di Hitchens, di Huntington, del leviatano statale di Hobbes e di quello regionale di Calderoli, Voltaire è impietrito e David Henry Thoreau è tornato nella sua casa di tronchi nel bosco. Che fare?
All’improvviso la soluzione creativa si delinea da sola! Mentre aspetto alla cassa ricordo di essere traduttore e quindi anche mediatore culturale! Mi lancio quindi in una operazione di salvataggio-faccia sotto forma di una perorazione delle bellezze naturalistiche di Santo Domingo all'indirizzo della cassiera, poi mi rivolgo alla romena, raschio dal fondo del barile
ciò che resta del mio lessico romeno per assicurarle che adoro la musica tzigana e i lautari che la suonano. Le due litiganti ora sono in uno stato di stupore, il diverbio cessa, io pago ed esco dal supermercato. Fuori ci
saranno 35 gradi ma io mi sento fresco come una mammola.

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